“È tutta una mafia, e magari anche in giacca e cravatta”

Quante volte veniamo sfiorati o inciampiamo in modi dire e stereotipi di questo tipo sulla mafia? Quasi non ce ne accorgiamo, eppure discorsi sommari su corruzioni, violenza e malaffare contribuiscono a formare idee spesso superficiali o sbagliate sul fenomeno mafie.

Il 21 marzo non è solo il primo giorno di primavera, ma la “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie” in cui destinare particolari momenti al ricordo dei tanti innocenti che, proprio a causa delle mafie, hanno perso la vita. Ci è sembrato il momento perfetto per raccontarti di un bel progetto dell’Università di Torino per il quale abbiamo collaborato negli ultimi mesi.

 

Domani esce ufficialmente la prima puntata di “Mafie vecchie, mafie nuove”!

Si tratta di un podcast a puntate realizzato dall’Università di Torino e dedicato al dibattito scientifico e pubblicistico in tema di mafie. Coordinato dal prof. Rocco Sciarrone (ordinario di sociologie delle mafie e processi di regolazione e reti criminali all’Università di Torino), il podcast ha visto partecipare diversi studenti che si sono impegnati a seguire un percorso formativo e tecnico sull’arte di scrivere e realizzare podcast e che hanno preparato e registrato le puntate, anche con il nostro supporto.

Cos’è la mafia e cosa la caratterizza rispetto ad altre forme di criminalità? Dalla mentalità mafiosa agli stereotipi, dai confini geografici a quelli, più ambigui, che hanno a che fare con il linguaggio: la mafia è anche una questione di parole, di cultura e di informazione.

 

 

Mafie vecchie, mafie nuove” racconta tutto questo al suo pubblico, nell’ottica di sensibilizzare gli ascoltatori ai temi della legalità e di diffondere conoscenza scientifica sulla mafia. Lo fa “smontando” i principali stereotipi sul tema e offrendo una narrazione corretta, che ha il suo valore aggiunto nelle ricerche accademiche sul tema.

Non possiamo che dirci molto soddisfatti del percorso svolto insieme all’Università per la realizzazione di questo prodotto unico nel suo genere e siamo felici di aver contribuito, con la nostra professionalità, a un nuovo percorso verso la cultura della legalità, e dunque verso un mondo migliore

Se sei curioso di ascoltare il podcast e scoprire nuove curiosità sull’argomento seguici su spotify e instagram: dai spazio alla legalità condividendolo sui tuoi social!

 

E se hai bisogno di noi, non esitare a contattarci!

Sanremo: il Festival che parla giovane

Tutti cantano Sanremo! Soprattutto i giovani, aggiungiamo noi. Come come? Ti sembra un’affermazione strana? Mentre si avvicina la serata di inizio della settantaquattresima edizione della manifestazione mediatico-musicale più amata d’Italia (e non solo!), e mentre aspettiamo anche noi con curiosità di tuffarci al Teatro Ariston di Sanremo con Amadeus e scoprire chi dirigerà l’orchestra, ci siamo trovati a riflettere sulla centralità che una manifestazione come il Festival della Canzone Italiana di Sanremo ha nel grande e complesso mondo della comunicazione. 

È come un Moloch che, con la sua potenza, si rinnova ogni anno, catalizzando l’attenzione delle case discografiche, della stampa, dei brand, e mastica e rinnova strategie e tendenze, creando nuovo “buzz”, lanciando tendenze, polemiche, meme… Tutto quanto utile per diventare una vetrina che per cinque serate, e ben oltre, si offre a un bacino enorme di utenti incollati agli schermi di tv e smartphone. 

Il pubblico che si allarga 

Uno dei dati più attesi dai giornalisti delle sale stampa festivaliere è quello relativo ai numeri del pubblico, dallo share ai target coinvolti. Carta canta: negli ultimi anni, e in particolare con il contributo della direzione artistica di Amadeus, il Festival di Sanremo ha profondamente rinnovato la sua narrazione e le sue strategie digitali. Sono fattori che si accompagnano: il Festival è cresciuto sulle piattaforme social, e per farlo ha dovuto imparare e proporre nuovi linguaggi. Esattamente quelli utili per ingaggiare nuove fette di pubblico. I dati Auditel raccontano della crescita del pubblico tra i 15 e i 34 anni, forse il target più interessante considerato il coinvolgimento social. Sono loro che hanno fatto segnare il 53% di share nel 2019 e che hanno avuto un’ascesa inarrestabile arrivata al picco del 73% nel 2023. 

Cambia lo storytelling, la strategia diventa pluricanale, e il Festival, da prodotto tipicamente televisivo, si conferma oggi un format seguito da quasi ogni fascia di età su tantissimi dispositivi diversi e in un periodo di tempo che scavalca la classica settimana all’Ariston. Amadeus è riuscito nella magia: ha intercettato i giovani sui social e li ha portati dentro la grande macchina festivaliera. Certo, il fenomeno è agevolato – e a sua volta amplificato ulteriormente  – da fenomeni paralleli che fanno “buzz” intorno al Festival. Uno su tutti? Il Fantasanremo, che spicca tra i tanti pretendenti perché si tratta di un’iniziativa nata dal basso, essenzialmente giocosa e leggera, che incentiva la partecipazione in squadre. 

Dal Fantasanremo alle classifiche

Anno dopo anno, forte dei nuovi pubblici, il Fantasanremo è diventato riconoscibile come fenomeno a sé e ha segnato anche tanti record. Anche in questo caso, tutto si mescola e il fuori e dentro al Festival non contano più: ogni cantante in gara attira bonus o malus a seconda dei propri comportamenti e performance durante l’esibizione, ma ne succedono di ogni anche fuori dal format specificamente televisivo, con appelli e siparietti che rimbalzano tra i social e le svariate iniziative in città. 

E se il Fantasanremo non è che una classifica basata sul punteggio di una gara speciale, ci sono poi le classifiche vere, quelle tenute d’occhio dalle case discografiche. Non è difficile immaginare, scorrendo la lista dei partecipanti del Festival 2024, la precisa intenzione di inglobare i nuovi target di pubblico, le tendenze più in voga, artisticamente, musicalmente, persino tematicamente, e così le nuove tematiche sociali che circolano nell’opinione pubblica e sui media. Succede anche e soprattutto grazie alla partecipazione di cantanti giovani e che piacciono ai più giovani. Un fenomeno passeggero? Tutt’altro: sono sempre i giovani cantanti a dominare le classifiche anche ben oltre il periodo festivaliero. Segno che il grande Moloch ha centrato l’obiettivo. 

Come gira la musica giovane

Ebbene sì: Sanremo, totalmente svecchiato – o quasi! – è un appuntamento decisivo per il mercato discografico. E, come abbiamo visto, a questo aspetto hanno contribuito anche le nuove strategie di comunicazione e lo storytelling. A confermarcelo sono i dati della Fimi, la Federazione dell’industria musicale, secondo cui l’effetto streaming che deriva dalla nuova narrazione del Festival e dal suo nuovo pubblico giovane è un fenomeno di vivo interesse per le case discografiche. Come ben sottolinea Ansa, il ricambio generazionale è evidente: “tra il 2019 e il 2023 la media dell’età degli artisti in top ten è infatti scesa del 18%, passando da una media di oltre 36 anni a una di 29.9 nel 2023”. 

Che cosa dicono le classifiche? La stessa cosa: “per tre anni consecutivi sono stati presenti gli artisti che hanno conquistato il primo posto per l’album più venduto nella classifica annuale – Rkomi (Taxi Driver, 2021), Lazza (Sirio, 2022) e Geolier (Il coraggio dei bambini, 2023)”. Che cosa aspettarci dunque dal 2024? Considerato il cast, ricchissimo e variopinto, la tendenza non si discosterà dagli anni precedenti: si va verso il mercato e le sue preferenze di ascolto. A confermarci che Sanremo è mutato pur rimanendo sempre al centro della dieta mediatica italiana (e pensare che tutto nacque nel 1951 senza nemmeno la tv!) sono gli ascolti in streaming: i dati ci raccontano che i brani in gara al Festival 2023 hanno superato per la prima volta il miliardo di riproduzioni, in netto rialzo dal 2020 in poi. Cosa ci dobbiamo aspettare da questo 2024?

Sistemiamo le casse e prepariamo i click quindi: ne stiamo per ascoltare delle belle! Se la dinamica di successo delle strategie sanremesi ti ha fatto pensare alla tua attività e a come provare azioni simili intrecciando storytelling, canali digitali e creatività, tra una canzone e l’altra non dimenticare di dare un’occhiata ai nostri servizi e, se ti va, di contattarci per una prima chiacchierata alla scoperta delle mosse giuste per scalare la classifica! 

Storia di Lorenzo, che salvò Primo (Levi)

 Ti regaliamo la sua storia per il Giorno della Memoria, e per tutto l’anno!

A volte la Storia è fatta di personaggi destinati a restare nell’ombra. Nel loro essere defilati e silenziosi, però, possono essere decisivi. Ce ne sono alcuni che, una volta incontrati, non escono più dai pensieri. 

Qualche tempo fa, per esempio, abbiamo conosciuto Lorenzo.

Lo abbiamo scoperto tra le pagine di carta e qualche ricerca online, ma ci siamo subito appassionati alla sua storia piccola e insieme gigantesca. È una storia di amicizia, di profondissima umanità. Una storia di luce con tante ombre che Carlo Greppi ha approfondito in “Un uomo di poche parole. Storia di Lorenzo, che salvò Primo” uscito per Laterza nel  2023. 

Sì, stai pensando bene: quel Primo è proprio Primo Levi. Il 27 gennaio, Giorno della Memoria, vogliamo soffermarci insieme  a te per riflettere su quanto sia necessario ricordare, e a volte inondare di luce angoli di storie che ci sono notissime, come quella di Primo Levi, per rileggerle e trovarci dentro ancora tantissimo. 

Ecco, la storia di Lorenzo è di quelle che stanno nascoste in un angolo, ma poi nemmeno tanto. Eppure, una volta che le notiamo – o che ci aiutano a notarle – ne siamo convinti: non si possono proprio più dimenticare. Lorenzo è raccontato in “Se questo è un uomo”, in “Lilith e altri racconti”, in “I sommersi e i salvati”, ma prima che leggessimo il libro di Greppi non ci avevamo mai fatto caso. 

«Chi salva una vita, salva il mondo intero.»

È un muratore di Fossano, un lavoratore che si ritrovò tra gli orrori di Auschwitz da uomo libero, e che in quella circostanza, sempre silenzioso, sempre di pochissime parole, salvò la vita a Primo Levi. Senza di lui, dirà spesso lo scrittore, non sarei mai sopravvissuto. È Lorenzo che portò una porzione aggiuntiva di zuppa, di nascosto e rischiando la vita, a Primo e al suo amico Alberto per diversi mesi, è sempre lui che regalò a Primo un maglione tutto sgualcito, tuttavia determinante per proteggersi dal freddo. 

Ti stai incuriosendo ed emozionando, vero?  Quella di Lorenzo, che fa parte dei “Giusti tra le nazioni” è una storia di amicizia e bellezza che ci è rimasta nel cuore: è per questo che proprio oggi la vogliamo condividere con te, invitandoti a scoprirla a partire da questo piccolo omaggio che abbiamo creato con la tecnica del timelapse. Abbiamo pensato di dare un volto a Lorenzo, di cui ci restano pochissime foto, grazie alla fantasia  di Federica Zancato, e con il suo tocco creativo… Eccolo qui, mentre rivive sul tuo schermo! 

Quando comunicare può fare male: qualche nota sul caso Chiara Ferragni

Lo avevamo “predetto” parlando dei trend da aspettarci per il 2024: avremo ancora sentito parlare di influencer marketing. E infatti eccoci qui a cercare di tirare le somme, al netto di novità in agguato, sul “caso Ferragni”, che popola le cronache digitali e non solo dallo scorso dicembre 2023. Tutto è partito, in pieno stile natalizio, da un panettone. Dopo lo scandalo che ha coinvolto Chiara Ferragni e un noto marchio dell’industria dolciaria (ti lasciamo qui il link a un utile riassunto di Fanpage), tantissimi brand sono fuggiti dalla galassia creata come un vero impero dall’influencer.
La storia avrebbe dovuto chiudersi, con qualche ammaccatura, grazie a un ormai noto video dove Ferragni si scusava, donando un milione di euro all’ospedale Regina Margherita di Torino. (Donazione, peraltro, arrivata davvero all’istituto torinese dopo l’annuncio). Invece no. Lo scorso 10 gennaio l’Agcom ha sanzionato l’influencer stellata, la cui ascesa, contornata di una straripante popolarità, era già stata bruscamente frenata.

Tutti fuggono dalla Ferragni

I numeri restituiscono l’impatto dell’evento, a testimonianza del fatto che l’onda di un errore di comunicazione può continuare a fare danni. Un vero e proprio tsunami capace di far crollare un edificio costruito su un’immensa fortuna, ma con qualche piccolo neo al suo intero che, una volta uscito allo scoperto, ha creato una frattura. Ci ricorderemo infatti di questo “evento comunicativo” perché, ahinoi, legato al tema della beneficienza, sul quale ci aspetteremo, come utenti, consumatori e cittadini, maggiore trasparenza, ma al di là del giudizio etico ce ne ricorderemo anche come caso studio, perché sta impattando fortemente sulla strategia di Ferragni.
Alcuni brand, fin dalle prime avvisaglie del terremoto, hanno deciso di recedere i contratti di collaborazioni con il brand dell’influencer. A loro volta si sono influenzati, agitando un movimento simile a quello di una valanga: decisione chiama decisione, ed è così che da un piccolo-enorme errore si è generata quella che a buon titolo possiamo definire una crisi in pieno stile. Pare infatti che in seguito alle vicende e ai fatti giudiziari l’account di Chiara Ferragni abbia perso circa 210mila followers. In parallelo anche quello del marito Fedez, quasi come per una teoria dei vasi comunicanti, ha subito un notevole contraccolpo con una perdita di 119 follower.

 

Ma chi segue davvero Chiara Ferragni?

Fuga dei brand, fuga dei follower: tutti fuggono dalla Ferragni? Italian Tech di Repubblica propone un’accurata analisi dei follower presunti falsi o inattivi di Chiara Ferragni, un fenomeno che, se sugli account della più nota influencer italiana assume oggi dimensioni enormi con tutte le ricadute concrete del caso, è tuttavia diffuso da sempre. Siamo certi che anche tu abbia già sentito parlare di acquisto di follower, di finti account e di fenomeni simili. L’articolo che citiamo sopra approfondisce bene il caso: “Davvero il 40% dei follower che seguono la più nota fra le influencer italiane sarebbero fake, dormienti o inattivi? E se fossero il 50% o addirittura più del 60%? Non si sa” spiega. La verità è che non abbiamo strumenti per saperlo, e così non possiamo nemmeno smentirlo o no. L’articolo di Repubblica ci aiuta insomma a capire che quando parliamo di follower finti, come nel caso Ferragni, siamo molto vicini a un terreno che sa di fake news, e che non è certo questo computo numerico a rivelarci cose interessanti sulla qualità o meno dei contenuti dell’influencer in questione, tanto meno sulla gestione della crisi.
I numeri però sono il nutrimento delle piattaforme social, ed è proprio su questo campo che anche “l’affaire Ferragni” si è svolto, con tutto il suo contorno di sedicenti articoli giornalistici o news dedicati al crollo verticale dei follower seguito al caso di mala comunicazione con relativo scivolone sulla brand awareness. Ci sembra che l’attenzione vada tenuta accesa non tanto quindi sulla falsità degli account – un dato che, abbiamo visto, è scarsamente verificabile – quanto piuttosto sul risultato clamoroso di un errore comunicativo, capace di far voltare le spalle a tantissimi potenziali clienti. Questo è un palese errore di strategia, e a noi che lavoriamo con la comunicazione dovrebbe indicare molte strade da percorrere, e altre da abbandonare.

Il post-Ferragni: verso un nuovo modo di essere influencer?

Cosa dedurre dal clamoroso affaire Ferragni? AdnKronos cita le parole di Andrea Scotti, Country Manager di Skeepers Italia: “Associare la propria immagine a personaggi noti del web e dell’entertainment può non essere sempre la strategia più vincente per raggiungere i propri obbiettivi di marketing. Se da un lato permette di veicolare prodotti e servizi a un ampio pubblico, dall’altro aumenta il rischio di incorrere in gravi danni di immagine che possono compromettere la credibilità del brand stesso”. Attenzione, quindi, a non cadere nel tranello dei numeri: una fan base più ristretta, ma coltivata nel segno della trasparenza, potrebbe a lungo termine rispondere meglio di fenomeni giganteschi come quelli che si agitano intorno al mondo Ferragni.
Che questa vicenda segni un cambio di atteggiamento nel mondo dell’influencer marketing? Forse è troppo presto per giudicarlo, ma di sicuro il crollo di una grande fetta della montagna Ferragni ha aperto lo scenario a tanti piccoli creator che, con fatica e con l’aiuto di corrette strategie costantemente monitorate e riviste, si raccontano e propongono prodotti e servizi a follower sinceramente coinvolti. Ti ritrovi in questo ritratto e ti spaventa l’idea di progettare una strategia perché hai paura di non sapertela cavare e di generare disastri come nel caso di Chiara Ferragni? Possiamo garantirti che non è il tuo caso!

Ma se hai bisogno di una consulenza mirata ai tuoi obiettivi, noi siamo qui per aiutarti a comunicare i tuoi servizi e prodotti nella maniera migliore. Contattaci, progettiamo il tuo nuovo anno insieme!

Il 2024 della comunicazione: quali saranno i trend del nuovo anno?

Ogni anno la stessa storia: tutto cambia, nuove tecnologie si affacciano all’orizzonte e nuovi trend intrecciano le nostre strategie e i nostri piani per la comunicazione facendoci interrogare sul futuro e rimettere mano ai nostri piani. Come fare in questo 2024 alle porte? La soluzione è sempre uguale, anno dopo anno: bisogna stare attenti, monitorare costantemente l’ecosistema della comunicazione digitale e i suoi trend e aggiornarsi senza sosta per allenare il fiuto, sempre all’inseguimento di nuove tendenze e linee di pensiero che ci aiutino a programmare e riassettare anche il nostro lavoro.
Cosa ci riserva dunque il nuovo anno? Sarà un 2024 nel quale sentiremo ancora parlare di intelligenze artificiali generative, di influencer e di contenuti. Niente di così sconcertante, visto? Ma scendiamo nei dettagli.

Tecnologia, che sorpresa!

Potrai obiettare ricordando che nel 2022 c’è stato un evento tecnologico e digitale che ha stravolto il nostro modo di pensare al web e alle tante professioni che lo popolano, tutte in qualche modo orientate alla comunicazione. Parliamo del lancio ufficiale di Chat GPT, il 30 novembre del 2022. Chi, tracciando i trend di quell’anno, avrebbe mai potuto aspettarsi qualcosa del genere? Forse nessuno, o forse qualcuno di estremamente informato e attento ai fatti intorno a sé. È vero: la tecnologia ci può spiazzare con ritrovati ancora mai visti, ma l’esempio dell’intelligenza artificiale, che ha causato un così grande scossone a tutti noi, è anche un segnale che ci invita a un comportamento da tenere sempre attivo e sveglio. Studiare, aggiornarsi, essere curiosi! Nessun trend meglio di questo potrà garantirci di stare al passo con il contesto digitale che abbiamo intorno, nemmeno nel 2024 che sta per aprirsi!

E se nel 2022 ci ha spiazzato, oggi abbiamo iniziato tutti a prendere confidenza con l’intelligenza artificiale: c’è chi prova a imparare come “addestrarla” e la piega ai propri fini, ma c’è anche chi prova a lucrare, ed è per questo che stanno iniziando a fioccare le prime iniziative legislative. È insomma un mondo ancora in costruzione, sul quale continueremo anche durante il 2024 a tenere gli occhi aperti per capire cosa succede e cosa potrà accadere, cercando di proteggere la nostra professionalità di comunicatori e di integrare le potenzialità offerte dalla tecnologia nei nostri servizi, migliorandoli e rendendoli più competitivi. 

Chi ci influenzerà nel 2024?

Ebbene sì: non smetteranno di essere quello che sono. Chi? Gli influencer, un settore ormai radicato nel mondo digitale, in costante ascesa e destinato a coinvolgere nuovi soggetti, desiderosi di lanciarsi sul mercato e aprire una propria finestra di visibilità. La chiave dell’influencer marketing è proprio la garanzia di una presenza, una bandierina sventolante posta lì, dove un pubblico più vasto e, potenzialmente, un numero più alto di futuri clienti potrà scoprire noi e i nostri servizi. Che il tema sia scottante ce lo sta insegnando la vicenda di Chiara Ferragni: la più nota influencer italiana è stata coinvolta in un caso di cattiva comunicazione che la cronaca nei tg di questi giorni ci sta raccontando, facendoci percepire con mano la centralità – e la delicatezza – di questo canale di comunicazione.
Come integrare il mondo degli influencer nelle nostre strategie nel 2024? Ragionando come sempre su progettualità e obiettivi, e approfondendo il cuore di questo modo di fare business, cioè il tema della fiducia. Come svilupparla nella nostra community? E come, anzitutto, costruire una community? Sono tutti temi di grande attualità, trend che non smetteranno di accompagnarci nel nostro lavoro anche nell’anno nuovo.

Se sei curioso di parlarne e vorresti approfondire la tua strategia di comunicazione nell’ottica dei nuovi trend 2024 (che in realtà, come abbiamo visto, nuovi non sono affatto!) non esitare a contattarci: troveremo insieme la strada giusta per il tuo nuovo anno di buona comunicazione e obiettivi raggiunti!

In campo non esistono barriere

Spesso diamo ancora troppo per scontato che ci sia una netta separazione tra i cosiddetti “normodotati” e le persone con disabilità, che non ci possa essere un match misto e che siano sempre i primi ad aiutare i secondi a migliorare le proprie prestazioni.

E se il nostro punto di vista sulla disabilità cambiasse prospettiva?

“IN CAMPO NON ESISTONO BARRIERE” è uno spot che abbiamo realizzato in collaborazione con CUS Torino e con il patrocinio di Camera di Commercio di Torino, Università degli Studi di Torino e Politecnico di Torino con l’obiettivo di far riflettere lo spettatore su un concetto che va sicuramente messo in dubbio e decostruito.

Ringraziamo Luca Paiardi e Fausta Commendatore per aver accettato di esserne i protagonisti.

Dalla TV al video streaming: il caso “Mare fuori”

Netflix parla anche in italiano, lo sanno bene tutti gli appassionati spettatori di serie come “Mare fuori”, il prodotto che più di tutti gli altri italiani ha fatto registrare un successo paragonabile a quello di serie di punta internazionali. La fiction rappresenta un caso studio molto particolare per tornare a parlare di video e di streaming analizzando nuove dinamiche di comunicazione e distribuzione che hanno coinvolto anche serie ritenute “classiche” della tv nazionale, da guardare sul divano in famiglia. Sapevi che Netflix offre in catalogo anche altri titoli storici di Rai e Mediaset? “Don Matteo”, per esempio, “Un medico in famiglia”, “I Cesaroni”…

Ma cosa possiamo dedurre dal successo della serie che più di tutte ha evidenziato il potere del video streaming e del suo pubblico, e quale panorama ci presenta questo esempio per raccontarci il costante cambiamento del mercato dell’audiovisivo?

La storia di “Mare fuori”

“Mare fuori” è un prodotto pensato da Rai Fiction per Rai2, la rete dedicata a un target più giovane, che possa svecchiare la paludata platea del servizio pubblico italiano. La prima serie di “Mare fuori”, composta da 12 episodi di un’ora, va in onda regolarmente, in tv, dal settembre 2020 ottenendo un discreto successo. Successo che per certi versi è inaspettato: nonostante il target, i dati dimostrano che l’interesse può essere esteso anche a platee più generaliste, e puntata dopo puntata lo share cresce (ci stiamo riferendo ai dati che riporta Cinematografo, citando a sua volta dati elaborati da CeRTA su numeri Auditel).

Nell’autunno 2021 va in onda la seconda stagione e registra un significativo aumento del target di giovani, sul quale si innesta l’azione della piattaforma regina dei video on demand, Netflix. Il fenomeno comunicativo è interessante e parte da un accordo commerciale stretto tra Rai e la piattaforma per le prime due stagioni. La serie entra quindi nel catalogo Netflix come si entra in un acceleratore: “Mare fuori” inizia a essere sempre più cercato, fino ad accedere alla top ten delle serie italiane, e poi a quelle estere! Il decollo è notevole e fa librare in alto nelle classifiche di gradimento la terza stagione, che parte nel 2023: un vero e proprio trampolino di lancio insomma, che proietta lo streaming della serie su cifre mai viste

 

Passaparola o non solo? 

I dati ci raccontano del tentativo della Rai di sperimentare nuove strategie di distribuzione per testare le reazioni del pubblico e capire meglio le dinamiche del mercato del video on demand. La serie parte infatti sui canali classici, ma è anticipata anche su Rai Play, dove raggiunge un dato record: un ascolto medio di oltre tre milioni di persone. Come scrive Cinematografo, si tratta del “primo, grande successo per un prodotto originale italiano di fiction fuori dal perimetro della programmazione televisiva tradizionale”.

Che sia merito solo della nuova modalità di distribuzione a mezzo streaming? La questione è più complessa, come ci dimostrano casi analoghi legati al crescente successo di video che rimbalzano tra dinamiche web, scelte di contenuto e fruizione. Su “Mare fuori” si è probabilmente generato un effetto mediatico particolare in cui ha avuto un ruolo di spicco la distribuzione, certo, ma anche il passaparola social. Segno che, come ci piace ricordare, una buona strategia di comunicazione deve stare attenta a dettagli e dinamiche differenti per armonizzarli insieme e doppiare così con successo il proprio obiettivo. 

I più cattivi sostengono che sia stata proprio la Rai a non promuovere adeguatamente il prodotto, così che il suo “caso” esplodesse solo una volta approdato su Netflix. È anche vero il contrario, e cioè la capacità di Rai di sfruttare l’incremento sulla piattaforma per portare pubblico su RaiPlay. Il successo della terza stagione di “Mare fuori”, con oltre 105 milioni di visualizzazioni in solo un mese su RaiPlay, racconta di come Viale Mazzini abbia “acceso la miccia” fuori da casa propria, riuscendo tuttavia ad attirare poi il pubblico sui propri canali

Evoluzione del mercato, innovazione tecnologica, ma anche comunicazione: c’è un intreccio di fattori dietro l’ascesa di “Mare fuori”. È un fenomeno da non sottovalutare, evitando di gridare al miracolo o all’incapacità dei soggetti coinvolti, e concentrandosi invece sull’analisi di tutte le sfaccettature che abbiamo cercato di evidenziare. Il target, da non dare mai per scontato, la qualità del prodotto, la distribuzione, ma soprattutto l’intera strategia di comunicazione nella sua complessità. Studiata a tavolino o meno, è stata certamente la modalità di presentazione e comunicazione della serie a coronarne il successo. 

Cosa dici, è tempo di dedicarti a una corretta strategia di comunicazione per fare il grande salto? Siamo a tua disposizione per costruire una comunicazione ad hoc e fare del tuo brand e dei tuoi prodotti la nuova “Mare fuori”! 

Netflix: Questione di sostenibilità, o c’è dell’altro?

Sarà capitato anche a te: condividere l’account di Netflix con amici, cugini, o persone con le quali veniva comodo dividere i costi dell’abbonamento, o semplicemente alle quali ti faceva piacere dedicare il favore. Ora la policy della più nota piattaforma di streaming online è cambiata, e così le regole sulla condivisione della password e i piani tariffari proposti. Questione di sostenibilità, o c’è dell’altro? Ripercorriamo il fenomeno insieme. 

Era marzo 2023 quando Netflix annunciava il cambiamento implementato poi nel mese di maggio, e cioè: 

  • Gli abbonamenti con account condiviso dovranno fare riferimento a un unico nucleo familiare che usi lo stesso indirizzo IP
  • Il costo mensile varierà, e saranno aggiunte pubblicità per chi ha un unico account

“L’account Netflix è destinato a un unico nucleo domestico, ovvero a te e a chi vive con te” diceva la mail inviata agli abbonati. Chi vive con un abbonato, e usa la stessa rete. Regole che intaccano in modo evidente le abitudini di fruizione. Ma se si hanno amici, parenti lontani, se ci sono di mezzo rotture di coppia? Tutto risolvibile per la piattaforma: o si crea un nuovo profilo, quindi un nuovo “nucleo domestico”, oppure si utilizza la funziona “aggiungi utente”, ma l’azione costa. Per l’esattezza 4.99 euro al mese, a carico di chi sottoscrive l’abbonamento. Nessun cambiamento per i prezzi, se non che con il piano Standard sarà possibile aggiungere un solo utente in più, due con il piano Premium.

In che modo l’azienda capisce che un utente è o meno collegato alla rete familiare? Tramite l’indirizzo IP, per questo Netflix ha invitato a verificare i dispositivi collegati all’account attraverso un apposito link con cui “togliere” chi non facesse parte del nucleo familiare. Un altro dettaglio interessante è che Netflix continuerà a considerare una connessione primaria associata a un account solo guardando almeno un contenuto ogni 31 giorni con uno dei dispositivi collegati. Se, infine, ci si collega da un dispositivo fuori casa, sarà inviato un messaggio di verifica al titolare dell’account. 

Di fronte a uno smisurato ventaglio di contenuti di ogni tipo, costantemente aggiornati a un folle ritmo che sta causando anche ingenti problemi ai lavoratori del settore, le piattaforme hanno sempre proposto i loro prodotti a pagamento, senza disturbo pubblicitario.  “Più di 100 milioni di famiglie condividono il loro account, il che influisce sulla nostra capacità di investire in grandi film e serie TV” si leggeva in un comunicato di febbraio 2023 dell’azienda. Si può quindi pensare che la scelta di impedire la condivisione degli account, o meglio di renderla più complessa, controllandola in modo più stringente, sia stata fatta per motivi di sostenibilità aziendale: Netflix non solo acquista serie, ma le produce, il che implica una maggior forza di investimento. Forza ripagata: Netflix resta la piattaforma di maggior successo attualmente in circolazione. 

L’operazione sugli account appare però una sorta di forzatura di abitudini condivise che si lega a logiche di produzione e che ha il mero scopo di costringere gli utenti utilizzatori a pagare una quota: non si scappa, insomma, l’era delle condivisioni a cuor leggero sembra proprio finita. E se fosse arrivato il momento di ripensare seriamente alle nostre abitudini di utenti di prodotti audiovisivi inserendole in un contesto storico cambiato radicalmente negli ultimi anni? Cosa potremmo raccontarci di noi, della nostra dieta mediatica, del marketing e del sistema di intrattenimento dentro al quale viviamo e dal quale, forse, siamo anche un po’ assoggettati?

Se la sostenibilità nei video è anche la tua prerogativa, contattaci: RecTv è la webagency che si mette a disposizione dei tuoi progetti tagliandoli su misura e strutturandoli insieme a te! 

Piemonte Documenteur FilmFest

Conosci il Piemonte Documenteur Film Fest, per gli amici PDFF? Si tratta dell’unico festival in Italia dedicato al falso documentario e quest’anno taglierà il nastro della sua decima edizione! 

Non raccontiamo bugie… beh, insomma, non troppe! Dal 2010 il PDFF porta il mockumentary in piccoli borghi piemontesi e gli dedica una vera e propria competizione cinematografica. Cinque equipe di tre componenti ciascuna sono selezionante attraverso un bando e poi via, inizia la maratona a tempo! Sì, perché sono solo 120 le ore a disposizione di tutti i partecipanti per realizzare un falso documentario. 

Nel 2023 il Piemonte Documenteur FilmFest si svolgerà dal 27 Agosto al 2 Settembre 2023 nei comuni di Monforte d’Alba, Murazzano, Novello, Roddino e Castiglione Falletto. Le troupe dovranno riuscire a sollecitare la partecipazione e a coltivare la complicità del paese a cui verranno abbinati: abitanti, attività commerciali, turisti… Vale tutto! 

Al termine della gara, una giuria di esperti valuterà i film realizzati e assegnerà un premio in denaro di 3.000 euro al primo classificato.

Non male come sfida, no? 

Ma se non farai parte delle troupe, perché dovrebbe interessarti il PDFF? Perché sarà una grande festa lunga una settimana intera! Ogni comune coinvolto ospiterà proiezioni diffuse, incontri, dibattiti con professionisti del settore, ma anche una cena comunitaria a tema cinematografico e una mostra fotografica dal titolo “Cinema e territorio” i cui protagonisti saranno proprio gli abitanti. 

Il cinema e la sua divulgazione sono del resto il pane quotidiano di Cinelabio, l’associazione culturale che dal 2010 organizza il Piemonte Documenteur FilmFest e che quest’anno ha bisogno anche del tuo supporto! 

La donazione che sceglierai di fare attraverso la campagna di crowdfunding su Eppela aiuterà a far funzionare tanti ingranaggi del festival. Qualche esempio? La comunicazione, dall’ufficio stampa ai social media passando per grafiche e foto, così da raccontare il Festival a tutti, nel modo ottimale. E poi le spese di viaggio, vitto, alloggio degli ospiti, che per una settimana popoleranno i borghi delle Langhe. 

Sarai dei nostri? Non raccontarci bugie… almeno non per il momento! Aiutaci a realizzare il PDFF 2023 con una donazione su Eppela! Se raggiungeremo il goal, Fondazione Sviluppo e Crescita CRT raddoppierà i contributi destinati al Festival! 

Vorresti perdere l’occasione di essere complice della Grande Menzogna 2023? Dai, non raccontare storie! 

La forza di raccontare: la campagna crowdfunding per dire no alla violenza di genere

Hai mai pensato da vicino a cosa significa violenza di genere?

Ci sono alcuni termini che riempiono il mondo mediatico nel quale siamo immersi, quasi fino a polverizzarsi, perdere significato. Per questo abbiamo deciso di rallentare il passo, guardarci intorno, esplorare alcune storie e toccare con mano realtà dolorose: per far crescere la nostra consapevolezza, e darle voce attraverso ciò che ci riesce meglio, raccontare storie in video. 

Abbiamo scelto di farlo partendo dalle storie di Eleonora, Nala, Mara, Radhia. 4 nomi di donne che potrebbero essere tue amiche, parenti, vicine di casa, conoscenti. 4 storie che vogliamo raccontarti attraverso un progetto che ci vedrà parte attiva insieme a Casa Benefica

Quando parliamo di violenza di genere parliamo di violenza fisica, certo, ma anche psicologica, che si manifesta con atti persecutori come stalking, arrivando allo stupro e al femminicidio in molti tragici casi. È un fenomeno che tocca tante donne, e che rappresenta un enorme problema di violazione dei diritti umani con effetti negativi a breve e a lungo termine sulla salute delle vittime. 

Isolamento, incapacità di lavorare, limitata capacità di prendersi cura di sé e dei propri figli sono solo alcune delle conseguenze che schiacciano le vittime e possono ricadere sul benessere dell’intera comunità.

Ecco perché diciamo no al silenzio!

Siamo pronti a parlare attraverso le testimonianze: storie vere di donne che hanno trovato il coraggio di denunciare. Storie che, come speriamo, potranno diventare la leva di un cambiamento sociale restituendo forza a chi è vittima e consapevolezza a tutti noi. 

Erano anni che continuavo a pensare come scappare, ma alla fine è successo tutto senza alcun preavviso, avevo toccato il fondo. Sono andata via senza un lavoro, senza un posto dove stare, senza soldi, ma ora sono qui. Dopo un anno sono riuscita finalmente a stare bene, ho conosciuto molte persone, tantissime, tutte con storie diverse da raccontare e molte di queste sono altre donne vittime di violenza. Molte di loro, nonostante gli abusi subiti, avevano voglia di ricominciare, di ricostruirsi una vita, di scegliere da sole il loro futuro. Questo significa essere una donna vittima di violenza, una donna che dice basta agli abusi e che si rimette in gioco.

Il nostro progetto, in collaborazione con Fuoricampo Film, procederà in due fasi. Raccoglieremo quattro testimonianze di donne vittime di violenza che, grazie all’aiuto di centri antiviolenza e associazioni del settore, sono riuscite a reintegrarsi nella società. Questi video andranno a comporre un documentario che sarà distribuito e parteciperà a festival ed eventi dedicati. Ma non ci fermeremo! Il cinema Ambrosio di Torino ospiterà infatti un evento dedicato agli studenti delle classi quarte e quinte della Scuola secondaria di II grado in cui le interviste saranno proiettate e sarà possibile dibattere sull’argomento con le donne coinvolte e con professionisti del settore.

Unisciti a noi per dire no al silenzio e aiutaci a raccontare le storie di Eleonora, Nala, Mara e Radhia!